Chiesa di Santa Lucia a Balbiana

  • Ultima modifica dell'articolo:20 Giugno 2023

Situata nella frazione di Balbiana e dedicata a Santa Lucia, il cui culto è di origine veneta (pur essendo già conosciuta in Oriente) ed è stato diffuso sul nostro territorio dalla Repubblica Veneta e nel nostro caso possiamo supporre agli inizi del XV secolo.

 Lucia dii nobile famiglia, si converte al cristianesimo, donando ogni bene ai poveri e rinuncia al matrimonio. Il fidanzato respinto, si vendica deferendo Lucia al proconsole in quanto cristiana. Imprigionata, torturata e poi decapitata circa nel 304 a Siracusa. Secondo la leggenda si sarebbe da sola rimessa gli occhi, tolti dai torturatori. E’ rappresentata con gli occhi nel piatto, la palma del martirio o la spada ed è protettrice della vista  e invocata contro le emorragie. Anche il nome ha un proprio significato: richiama la luce sia come fatto sensoriale sia come illuminazione spirituale.

Non si può tralasciare un breve accenno all’altra leggenda (di origine veronese) che nella nostra tradizione la vede come portatrice di doni. Si narra infatti che a Verona nel XIII secolo si fosse diffusa una grave e incurabile epidemia di male agli occhi, la popolazione allarmata pensa di fare una processione a piedi nudi in mezzo alla neve fino alla chiesa dedicata a lei e a s.Agnese, ma i bambini si rifiutano di fare il pellegrinaggio a causa del freddo. Viene loro promesso che   se avessero partecipato scalzi, al loro ritorno avrebbero trovato numerosi doni. L’epidemia hatermine e i bambini trovano i loro doni.

 Si è a conoscenza della presenza a Manerba di questa chiesetta  nel 1454 durante la visita di Ermolao Barbaro, appare però solo nell’elenco  delle chiese. I numerosi affreschi raffiguranti la Madonna  esistenti tuttora sulle pareti della stessa e attribuibili al XV secolo la fanno oggetto di culto e di devozione, almeno per quel periodo sempre inserita in un contesto di vicende piuttosto dure e calamitose, visto il periodo storico difficile per la nostra gente.

Nel 1529 ospita la celebrazione di due messe settimanali. Tre anni dopo, , considerata di nessun valore, il vescovo ordina di chiuderla come pure il cimitero e dalla nota marginale si viene a conoscenza che l’ordine è stato eseguito. Sempre dalle visite di Giberti, nel 1542 si ordina di chiuderne la porta con delle serratura e di tenerla pulita, di riparare il tetto perché non entri pioggia e poi si ripari il muro e tenga chiuso il cimitero. L’interno della chiesa è tutto da sistemare dai vetri alle finestre alla pittura, al pavimento alla pala e paliotto all’altare, più alcuni candelabri. Si parla anche di poterla allargare. Ma ciò non accade, ma nel 1578 risulta tenuta decentemente. Non è oggetto di richiamo nel 1636, in quanto non è citata nel verbale della visita. Sono sollevate questioni riguardanti la celebrazione di messe, dovute ad un lascito del 1637 di Marco Antonio Avigo durante la vista di Sebastiano Pisani I. per quanto riguarda la chiesa vi è poco da rimarcare: necessità di alcune suppellettili sacre, vetri alle finestre e pulizia di piante ed erba. Nel cimitero adiacente, dove sono stati seppelliti dei cadaveri  e circondato da muro, si elevi una croce.

Nella prima metà del XVIII secolo  riveste un ruolo abbastanza chiaro : è di pertinenza della vicinìa di Balbiana, da cui è mantenuta e fa celebrare 108 messe all’anno in esecuzione di un vecchio lascito. La chiesa si presenta con un solo altare con mensa marmorea consacrata, il resto è in muratura, con un’immagine della Crocifissione. Sull’altare c’è la custodia in legno delle reliquie di s.Lucia.

Nel prosieguo l’uso è sempre più raro sia per la costruzione della parrocchiale più funzionale sia perché cala il numero dei sacerdoti. Dal verbale della visita di Grasser nel 1837 risulta “provveduta del necessario” e nel 1881 risulta poco pulita e nel 1906 viene descritta come una bella chiesetta, antica con affreschi ma senza arredi.

Oggi  è aperta al culto per la festa della santa e per messe durante la stagione estiva.

La struttura

Ad aula unica con presbiterio ottagonale, con a destra una piccola sacrestia e a sinistra il campanile .La facciata a capanna presenta un portale con un protiro ad arco  e un finestrone sovrastante di foggia molto semplice. La facciata laterale è caratterizzata da un bel  portale e dal campanile. All’interno la capriata e l’orditura principale della copertura sono in legno, sul quale poggiano mattonelle di terracotta lasciate a vista. La zona absidale è voltata con cinque vele interamente affrescate. Su entrambe le pareti vi sono affreschi raffiguranti Maria.

Un solo altare presente: a due gradini in muratura intonacata, dipinta, stucco modellato e dipinto, di recente fattura (XIX secolo) come pure il tabernacolo in legno intagliato, dipinto e dorato. Nella parete sinistra un’acquasantiera a muro, in marmo rosso di Verona, scolpita attribuibile tra XV e XVI secolo.

Sulla parete sinistra il primo riquadro rappresenta la Madonna in trono con il bambino e san Cristoforo, da sottolineare la figura del santo che con una mano regge la palma del martirio e con l’altra tocca il piedino a Gesù. Databile seconda metà del XV secolo. Nel secondo riquadro rappresentata la Madonna in trono con il bambino in piedi: è un affresco votivo che non ha alcun legame con gli altri presenti nella chiesa, compare sul trono di Maria la data 1448. Proseguendo sempre sulla parete sinistra, a destra dell’ingresso laterale, al centro, si trova un lacerto di un giovane vescovo (forse uno dei tre che troviamo a Manerba) con il pastorale nella mano sinistra, mentre benedicente è la destra. Sempre nella stessa parete, a destra dell’ingresso laterale , in alto  a sinistra  l’affresco della Madonna del latte in trono e la Crocifissione : non vi sono iscrizioni o datazioni, è attribuibile agli inizi della seconda metà del XV secolo, benché la staticità della Crocifissione potrebbe richiamare echi trecenteschi. Proseguendo, dopo l’ingresso laterale, in alto  a destra un affresco incorniciato in linee di contorno rosse e bianche raffigura un vescovo con le stimmate (forse  san Zeno spesso raffigurato con questo simbolo)

Sull’arco trionfale, nel pilastro sinistro, raffigurata la Madonna in trono con bambino e una figura inginocchiata (forse il committente): poco leggibile e forse si sovrappone a un altro. Sempre sullo stesso verso l’alto scene dell’Annunciazione, prima l’angelo e poi la Madonna.(XVI secolo)

Sulle pareti dell’abside gli affreschi raffigurano, partendo da sinistra, la Deposizione, la Crocifissione e la salita al Calvario intercalate da due rappresentazioni paesaggistiche naturali,(cielo stellato), attribuibili alla prima metà del Cinquecento.

Sulla parete destra, il primo da sinistra vi è rappresentato un santo francescano (san Francesco o san Bernardino da Siena )con un libro aperto nella mano sinistra, rivolto verso lo spettatore e affiancato da due angioletti. Una D sul libro fa pensare ad una sicura iscrizione, ormai cancellata (seconda metà del XV secolo). Nel prosieguo una piccola figura, di difficile identificazione, tranne nella data, 1489. Segue l’affresco, in pessimo stato di conservazione, della Madonna in trono con Bambino. A fianco sempre una madonna in trono con bambino affiancata da un santo vescovo: anche in questo cattivo stato di conservazione con colori sbiaditi , alcuni elementi lo collocano nella seconda metà del XV secolo. Un’altra Madonna del latte in trono: siede su un trono dorato decisamente imponente seguita sempre da un’altra figura di Maria in trono con il bambino appoggiato sulla gamba destra : difficoltà di lettura per colori sbiaditi . tutti questi affreschi della parete destra ipotizzano un pittore di Balbiana, che ha operato anche in alcune chiese della zona e a metà Quattrocento. Non si esclude che l’alto numero di madonne faccia ipotizzare ex voto per una devozione particolare o ringraziamento.

Gli affreschi sono stati restaurati negli anni Ottanta.

SS.mo Nome di Maria

Si trova nella frazione di Balbiana e si viene a conoscenza di questo piccolo oratorio agli inizi del XVIII secolo: è privata ed appartiene , nel 1743, alla famiglia del rev.do Ludovico Glisenti, arciprete di Salò. In quell’anno ha un solo altare con mensa in legno e pietra consacrata, il rimanente è in muratura. Non ha obblighi e vi si celebra solo per devozione. Nel 1837 è ancora ben tenuta dalla stessa famiglia Glisenti. L’edificio è ancora presente, ma inserito in grande brolo, anche se la facciata da su via Cantarane. La chiesetta è piuttosto piccola : la facciata caratterizzata da ingresso con portale con timpano spezzato in pietra e piccolo rosone soprastante.. un piccolo campanile a  vela  attaccato al muro posteriore. Articolata in due parti, l’abside e l’aula poligonale. La pavimentazione è in mattonelle di terracotta e il presbiterio è separato da un gradino dall’aula.