La dedicazione alla ss.ma Trinità ha pochi legami con le necessità quotidiane del popolo: guarigione da malattie, protezione, salvezza da guerre e calamità, devozioni particolari come per alcuni santi si è visto. Il mistero della Trinità, legato forse alla tradizione della leggenda di sant’Agostino, ci inserisce più in un clima religioso più spirituale. La crisi, che colpisce la Chiesa tra il XV e XVI secolo che sfocerà poi nella scissione della Riforma protestante, forse è alla base della ricerca di una devozione più mistica e spirituale. L’invocazione e la dedicazione a Dio stesso e al Mistero della Trinità , senza alcuna intercessione di santi, il richiamo alla morte e al giudizio universale che troviamo in un affresco all’interno della chiesa possono essere una possibile scelta di una preghiera nuova. Non va dimenticato che, accanto ai riformatori protestanti, c’è un gruppo di persone che tentano la loro riforma, con la testimonianza della fede. E’ il periodo di sant’Angela Merici di origini desenzanesi.
Non è menzionata tra le cappelle di Manerba nel 1454, le prime notizie sono del 1525 e si parla di inventario riferito a paramenti e arredi sacri. Nel 1529 in essa, come nelle cappelle delle frazioni, c’è l’ordine per il parroco della celebrazione di due messe settimanali. Nel 1532 è aperta al culto almeno una domenica al mese, è usata per tenere omelie in Quaresima per comodità degli abitanti. La situazione dell’edificio non è delle migliori: necessita di muri smaltati, di pavimento e della riparazione delle finestre. Viene sicuramente sistemata perché nel 1578 risulta tenuta decentemente. Nel 1595 sono presenti quattro altari: il maggiore che ha una pala dipinta, ma non è consacrato, quello di san Giuseppe spoglio, san Giovanni di pertinenza della famiglia Crescini e quello di san Biagio che ha una pala discreta e vi si celebra per devozione popolare ed è mantenuto dal Comune. La chiesa è di pertinenza del comune e non sono cambiate le funzioni che già ospitava. Si ordina di distruggere l’altare di san Giuseppe e di usare la pietra consacrata per l’altare maggiore e poi lo stesso edificio necessita di riparazioni per il tetto e il pavimento. Nel 1636 , con la visita di Marco Giustiniani, nella chiesa vengono cresimate circa 80 tra maschi e femmine: questo è indice che il centro abitato si sposta ormai verso Solarolo, dato che la chiesa parrocchiale della Pieve è piuttosto scomoda. Ci sono ancora i quattro altari, anche se quello di san Giuseppe non viene usato, mentre a quello di san Biagio si è aggiunto un’altra dedicazione , san Nicola (si può supporre da Tolentino protettore dei malati di peste) e ad esso si dovrebbe celebrare quotidianamente in funzione di un lascito del 1630, ma a detta del parroco il reddito non è sufficiente. La chiesa esternamente e nel tetto si presenta un po’indigente. Nel 1655 sono presenti ancora quattro altari: non c’è più il nome di san Biagio ma solo Nicola e si viene a conoscenza dell’intitolazione al santo dopo la peste del 1572. Nella prima metà del XVIII secolo svolge quasi il ruolo della chiesa parrocchiale per quanto concerne le funzioni religiose e la realtà del capoluogo.. Gli altari sono ancora quattro, alcuni di pertinenza della comunità, altri legati a testamenti antichi. Con la posa , nel 1746, della prima pietra della parrocchiale rischia di essere demolita per necessità di materiale per la nuova costruzione. Nel XX secolo, con la decisione di spostare i cimiteri fuori dal centro abitato e in un unico luogo, diventa la cappella del Cimitero.
La Struttura
Ad aula unica con facciata a capanna. Di questa l’ingresso principale è bordato da una leggera cornice che sottolinea la struttura leggermente acuta dell’arco; vi sono due finestrelle incorniciate e un rosone centrale. Il campanile è addossato all’abside. L’interno caratterizzato da una grande aula con presbiterio quasi quadrato e sul versante nord si aprono due cappelle laterali absidali semicircolari, che possono riferirsi agli altari di cui si parlava nelle visite; è scandito da tre archi sostenuti da pilastri appoggiati alle pareti. Il tetto a vista è costituito da un’orditura principale di legno e da formelle di terracotta decorate. Il pavimento è in mattonelle di cotto enella corsia centrale sono incastonate lapidi con dediche funerarie e l’ossario. Sulle pareti delle absidi e sui muri laterali si trovano affreschi, che in gran parte possono essere attribuiti al pittore di Solarolo, operante anche nella zona tra fine XV e inizi XVI secolo
Sulla parete a sinistra, nel secondo pilastro un affresco rappresentante Dio padre in trono, intorno alla testa di Dio un cartiglio. Più avanti, nella prima cappella o altare del compianto in basso sono raffigurate storie della vita di Cristo: da sinistra Gesù davanti a Pilato, mentre alcune donne in abiti moderni partecipano all’evento; un pilastro rinascimentale dipinto divide questa scena da quella centrale dominata dalla Veronica col sudario, mentre sulla destra un giovane, seguito da un povero pellegrino porta verso un guerriero un piatto una testa di Santo (si può pensare a san Giovanni Battista. Sullo sfondo una scena di tipo quotidiano e nell’ultimo riquadro sant’Apollonia con la tenaglia e un lungo abito purpureo. Nella calotta il Giudizio universale poco visibile il Cristo Pantocrator a destra e a sinistra del quale sono rappresentate le anime buone e dannate, prive di vesti. Queste ultime, attraversate da cartigli con scritto in latino alcuni vizi, sono avvinghiate da diavoli, mentre due angeli musicanti dividono le anime. L’autore e il periodo richiamano a un pittore di Solarolo, che ha operato agli inizi del XVI secolo anche in Valtenesi. Nella seconda cappella della stessa parete una natività, datata 1514: pilastri rinascimentali fanno da sfondo a Maria, in primo piano, inginocchiata accanto a Gesù, poco visibile, San Giuseppe e due pastori in adorazione e tra la vergine e san Giuseppe scorre un cartiglio, con scritto Gloria…Deo et Tea superiore con la croce sotto un arco ,le teste di alcuni santi e il cornicione con un tondo raffigurante il simbolo eucaristico (JHS)
Nel presbiterio nel registro inferiore, a sinistra, si riconoscono s.Antonio abate, un santo vescovo col libro e pastorale (forse s.Bernardo), un pilastro con capitello rinascimentale divide i santi da due apostoli, s.Pietro e s.Tommaso, seguono altri due apostoli di cui uno irriconoscibile e s. Mattia (simbolo scure del suo martirio). Nella parete centrale è raffigurata la Trinità (pur essendo abbastanza lacerato) lacerato) seguita da s.Bartolomeo (pugnale) e s.Paolo (spesso raffigurato accanto agli apostoli). Di difficile interpretazione gli ultimi apostoli: forse s.Giacomo Maggiore e Simone in base ai simboli appena leggibili, anche se non è da escludere s.Andrea rappresentato con la croce latina. Gli ultimi due sono separati dai primi sempre dal tipico pilastro, e potrebbero essere s.Filippo che regge una pietra e la croce , seguito forse ancora da s.Tommaso con la lancia
Gli affreschi continuano nelle lunette: la prima raffigura l’Adorazione deiMagi, che si colloca in uno ambiente naturale, caratterizzato da uno sfondo paesaggistico di alberelli dal tronco sottile per arrivare all’esile capanna , dove si colloca la Sacra Famiglia: davanti ad essa sono raffigurati i Re magi e tre guerrieri. L’affresco della lunetta centrale è in gran parte perduto, anche se si individuano il trono su cui si colloca la Vergine, alla sua sinistra probabilmente sSebastiano e s.Rocco e ai piedi forse la figura del committente. L’ultima lunetta raffigura la fuga in Egitto e la strage degli innocenti: interessante la posizione di s.Giuseppe che , con sforzo, traina un grosso asino sul quale siedono Maria e il Bambino in fasce.
Nella volta a crociera affreschi raffiguranti i quattro evangelisti: in ogni vela con cornice floreale dorata, un Evangelista con il rispettivo simbolo, dal quale parte un cartiglio con iscrizioni non sempre leggibili. Ai piedi, verso destra, appare un cartiglio con il nome.
Sulla parete destra dell’arcone trionfale un affresco, contornato da una vivace cornice, raffigura la Trinità. Sulla parete destra nel secondo pilastro a destra un lacerto di santo di cui si intravvede la gamba sinistra sanguinante (san Rocco?) e nella seconda campata della stessa un lacerto di santo, che probabilmente raffigura san Sebastiano alla colonna con la freccia che gli colpisce una gamba.
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